Traduzione dall’articolo investigativo firmato da Kit Klarenberg per The Grayzone, intitolato: ‘Declassified files expose British role in NATO’s Gladio terror armies’, pubblicato il 19 giugno 2023. I file del Ministero degli Esteri britannico recentemente declassificati hanno aggiunto dettagli inquietanti alla storia dell’Operazione Gladio. La CIA, l’MI6 (l’agenzia di spionaggio per l’estero del Regno Unito) e la NATO avevano addestrato e diretto eserciti clandestini formati da unità paramilitari fasciste in tutta Europa, dispiegando le proprie risorse per indebolire gli oppositori politici, anche attraverso attacchi terroristici sotto falsa bandiera.
Traduzione dall’articolo investigativo firmato da Kit Klarenberg per The Gray Zone News, intitolato: Declassified files expose British role in NATO’s Gladio terror armies, pubblicato il 19 giugno 2023.
Ph. Cimitero Monumentale di Milano, 2018 (Alice Rondelli)
I file del Ministero degli Esteri britannico recentemente declassificati hanno aggiunto dettagli inquietanti alla storia dell’Operazione Gladio. L’operazione segreta è stata scoperta nel 1990, quando il pubblico ha appreso che la CIA, l’MI6 (ovvero il Secret Intelligence Service, l’agenzia di spionaggio per l’estero del Regno Unito) e la NATO avevano addestrato e diretto eserciti clandestini formati da unità paramilitari fasciste in tutta Europa, dispiegando le proprie risorse per indebolire gli oppositori politici, anche attraverso attacchi terroristici sotto falsa bandiera.
In particolare, Gladio consisteva in una costellazione di eserciti anticomunisti, la cui missione apparente era quella di respingere l’Armata Rossa in caso di invasione sovietica. In realtà, queste forze hanno commesso innumerevoli atti violenti e criminali come parte di una “strategia della tensione”, progettata per screditare la sinistra e giustificare la repressione ad opera dello stato di sicurezza.
Spiega Vincenzo Vinciguerra – ex membro dei movimenti neo-fascisti Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo, all’ergastolo dal 1979 per l’uccisione di tre carabinieri nella strage di Peteano del 1972 – «Dovevi attaccare civili, donne, bambini, persone innocenti al di fuori dell’arena politica. Il motivo era semplice: costringere il pubblico a rivolgersi allo stato e chiedere maggiore sicurezza. La gente baratterebbe volentieri la propria libertà con la sicurezza di poter camminare per le strade, salire sui treni o entrare in una banca. Questa era la logica politica dietro gli attentati. Rimangono impuniti perché lo Stato non può condannare se stesso».
Nel maggio 2015 il Parlamento europeo approvò una risoluzione che condannava l’esistenza di una organizzazione parallela clandestina di intelligence e operazioni armate sfuggita a tutti i controlli democratici, interferendo illegalmente negli affari politici interni degli Stati membri che disponeva di arsenali indipendenti e risorse militari, mettendo così a repentaglio le strutture democratiche dei paesi in cui opera. La risoluzione richiedeva indagini giudiziarie e parlamentari indipendenti su Gladio in ogni stato europeo, ma quelle svoltesi in Belgio, Italia e Svizzera, non approdarono a nulla di sostanziale. Inoltre, gli investigatori che avevano redatto le loro scoperte si guardarono bene dal farle tradurre in inglese. In questo contesto, i documenti recentemente declassificati possono essere una delle fonti primarie più preziose, considerando che offrono nuove intuizioni sulle origini e sul funzionamento interno delle milizie segrete del terrore della NATO, in Italia.
Nei file emerge, ad esempio, un aide-mémoire preparato da Francesco Fulci, rappresentante permanente dell’Italia all’ONU, condiviso in una riunione ristrettissima del 6 novembre 1990 del Consiglio Nord Atlantico (principale organo decisionale politico della NATO), successivamente inoltrato ad alti funzionari britannici in patria e all’estero. Sulla base di una nota fornita dall’allora premier italiano Giulio Andreotti al capo della Commissione parlamentare italiana che indagava sugli atti terroristici, quel documento esordiva osservando che, dopo la seconda guerra mondiale, i servizi segreti occidentali avevano ideato mezzi di difesa non convenzionali, creando nei loro territori una rete nascosta di resistenza volta ad operare, in caso di occupazione nemica, attraverso la raccolta di informazioni, il sabotaggio, la propaganda e la guerriglia. A quanto pare, le autorità di Roma iniziarono a gettare le basi di tale organizzazione nel 1951 e quattro anni dopo, l’Intelligence Militare Italiana (SIFAR) e un corrispondente servizio alleato – ovvero la CIA – si accordarono formalmente circa l’organizzazione e le attività di una rete clandestina post-occupazione.
Gladio era formato da agenti attivi nel territorio che, in virtù della loro età, sesso e attività, avrebbero potuto ragionevolmente evitare l’eventuale deportazione e carcerazione da parte degli occupanti stranieri. L’organizzazione, a livello top secret, era facilmente gestibile anche da una struttura di comando al di fuori del territorio occupato e suddivisa in ‘celle’ in modo da minimizzare eventuali danni causati da defezioni, incidenti o infiltrazioni. Inoltre, la “rete di resistenza clandestina” era suddivisa in rami separati, che coprivano operazioni di informazione, sabotaggio, propaganda, comunicazioni radio, cifratura, ricezione ed evacuazione di persone e attrezzature e ognuna di queste strutture doveva operare in autonomia, con il collegamento e il coordinamento assicurati da una base esterna.
Il SIFAR (il servizio informazioni delle forze armate) è stato un servizio segreto militare italiano alle dipendenze dirette del capo di stato maggiore della difesa, attivo dal 1949 al 1966 e aveva istituito una sezione segreta dedicata a reclutare e addestrare gli agenti di Gladio. Nel frattempo, aveva anche mantenuto cinque unità di guerriglia pronte per il dispiegamento in aree di particolare interesse in tutta Italia, che attendevano l’attivazione. I “materiali operativi”, tra cui un’ampia varietà di esplosivi, di armi - come mortai, bombe a mano, pistole e coltelli – e di munizioni sono stati nascosti in 139 depositi sotterranei segreti in tutto il paese. Nell’aprile 1972, per migliorare la sicurezza, questi arsenali furono riesumati e trasferiti negli uffici dei Carabinieri e della polizia militare di Roma, vicino ai siti originari. Solo 127 dei depositi di armi sono stati ufficialmente recuperati, il resto furono portati via da ignoti al momento della loro sepoltura, nell’ottobre 1964. Chi fossero questi agenti e cosa facessero con le armi rubate è lasciato all’immaginazione.
A Fulci fu esplicitamente chiesto se Gladio avesse deviato dagli suoi obiettivi originali, ovvero operare strettamente come una forza stay behind da attivare in caso di invasione sovietica ed egli confermò che le armi utilizzate in alcuni incidenti terroristici provenivano da negozi istituiti da Gladio. Come spiega un rapporto SIFAR del giugno 1959 (portato alla luce dallo storico Daniele Ganser) l’azione di guerriglia contro le minacce interne era stata prevista nell’operazione fin dal suo inizio. La violenza politica era uno degli obiettivi di Gladio e nel contesto italiano, ciò comportava il terrorizzare sistematicamente la sinistra. Mentre il Partito Comunista Italiano cresceva nei sondaggi, prima delle elezioni del paese del 1948, la CIA pompava denaro nelle casse della Democrazia Cristiana, che si occupava di fomentare la campagna di propaganda anticomunista. Eppure, le operazioni segrete della CIA non erano sufficienti per impedire agli italiani di eleggere occasionalmente i “governi sbagliati”. Gli specialisti delle operazioni segrete della SIFAR e della CIA come William Harvey (noto come “il James Bond americano”) organizzarono un complotto per impedire ad uno di quei governi di entrare in carica. Con il “Piano Solo” gli agenti di Gladio organizzarono il tentativo di omicidio sotto falsa bandiera di Aldo Moro, che sarebbe deliberatamente fallito. Secondo il piano, il rapitore avrebbe dovuto affermare di aver ricevuto l’ordine di uccidere Moro dai comunisti, giustificando così il violento sequestro di più sedi di partiti politici e giornali, insieme all’incarcerazione di fastidiosi elementi di sinistra presso la sede segreta del capitolo Gladio in Sardegna. Il piano, alla fine fu interrotto, sebbene rimase sul tavolo per tutto il 1964. Moro divenne Primo Ministro senza incidenti e governò fino al giugno 1968 e il “Piano Solo” finì sotto inchiesta ufficiale quattro anni dopo, ma i risultati non furono pubblicati fino a quando l’opinione pubblica non venne a conoscenza dell’esistenza di Gladio. Sebbene i risultati omettano qualsiasi riferimento al ruolo della Gran Bretagna nel colpo di stato pianificato, i documenti appena rilasciati suggeriscono fortemente il coinvolgimento di Londra. Persino il presidente Francesco Cossiga stesso aveva ammesso di aver appreso della forza stay behind mentre prestava servizio come giovane ministro della Difesa nel 1966. La sua interrogazione al Ministero degli Esteri suggeriva che l’intelligence britannica avesse avuto un ruolo nel “Piano Solo” e che il presidente italiano fosse ben consapevole del suo scopo.
Il 16 marzo 1978 un reparto delle Brigate Rosse rapì Moro, che si stava recando a una riunione durante la quale intendeva dare la sua benedizione a un nuovo governo di coalizione che faceva affidamento sul sostegno comunista, quando i rapitori lo estrassero violentemente dal suo convoglio. Dopo quasi due mesi di prigionia, quando divenne chiaro che il governo non avrebbe né negoziato con le Brigate Rosse né rilasciato nessuno dei suoi membri incarcerati in cambio di Moro, i rapitori giustiziarono l’ex primo ministro italiano.
L’assassinio di Moro aveva ispirato diffusi e fondati sospetti che gli agenti di Gladio si fossero infiltrati nelle Brigate Rosse per spingere il gruppo a commettere atti violenti. Forse più di qualsiasi altro incidente, la sua uccisione soddisfò gli obiettivi della strategia della tensione dello stato di sicurezza. Una nota declassificata del Ministero degli Esteri del 5 novembre 1990, scritta dall’allora ambasciatore britannico a Roma, John Ashton, chiarì che Londra sapeva molto di più sul caso, di quanto non sia mai stato rivelato pubblicamente da un qualsiasi altro funzionario. Emersero, infatti, prove circostanziali che uno o più rapitori di Moro fossero in quel momento segretamente in contatto con l’apparato di sicurezza, e che quest’ultimo avesse trascurato di seguire le piste che avrebbero potuto portare ai rapitori e salvare la vita di Moro. John Ashton aggiunse che il comitato di crisi presidenziale, incaricato di tentare il salvataggio di Moro, faceva parte della famigerata P2 – la “loggia massonica sovversiva” composta dalle élite politiche fedeli a Gladio. Secondo Ashton, la P2 era solo una delle tante misteriose forze di destra che con il terrorismo e la violenza di strada volevano provocare un contraccolpo repressivo contro le istituzioni democratiche italiane, utilizzando la strategia della tensione.
Nell’aprile 1981 i magistrati di Milano fecero irruzione nella villa di Licio Gelli (faccendiere italiano e “Maestro venerabile” della P2) scoprendo un elenco di 2.500 membri che si leggeva come un Who’s Who di politici italiani, banchieri, spie, finanzieri, industriali e alti funzionari delle forze dell’ordine e militari. Tra i membri più importanti della loggia figurava Silvio Berlusconi.
Il “compromesso storico” di Moro, in base al quale i comunisti rendevano possibile il governo Andreotti, sarebbe stato l’ultimo passo del partito prima del proprio ingresso al governo. Ashton affermò che questo sviluppo era un’anatema per la P2 e per gli Stati Uniti. Per questo si tentò di eliminare una volta per tutte le possibilità che il Partito Comunista potesse raggiungere il potere. Ashton produsse prove circostanziali del sostegno degli Stati Uniti alla P2, sostenendo che Gelli fosse ben collegato sia all’apparato di sicurezza nazionale che all’intelligence di Washington. La CIA, infatti, lo aveva esplicitamente incaricato di istituire un governo parallelo anticomunista a Roma. Successive indagini mostrarono come fu soprattutto Henry Kissinger a sovrintendere il reclutamento di 400 alti ufficiali italiani e della NATO come agenti della P2 nel 1969, quando erano presidenti Ford, Carter e Reagan. Ashton concluse la sua nota rivelatrice osservando che la verità sul coinvolgimento di Washington negli “anni di piombo” probabilmente non sarebbe mai divenuta di dominio pubblico. Anche la piena portata del coinvolgimento della Gran Bretagna in attacchi terroristici, rovesciamenti del governo, campagne di destabilizzazione e altri atroci imbrogli sotto l’egida dell’Operazione Gladio, non solo in Italia ma in tutta Europa, sarebbe quasi certamente rimasta un segreto. Tuttavia nel 1993 il pubblico ha appreso come gli Stati Uniti e gli inglesi avessero donato munizioni agli agenti di Gladio per fomentare sanguinosi atti di terrore in tutta Italia. Come aveva detto Francesco Fulci ai suoi amici della NATO, durante la riunione ristrettissima, Washington e Londra avevano fornito armi e supporto logistico agli autori di attacchi di massa – tra i quali figura l’attentato del 1980 alla stazione ferroviaria di Bologna Centrale, che ha ucciso 85 persone e ne ha ferite oltre 200.
I responsabili di questi orribili crimini sono sfuggiti alla giustizia in quasi tutti i casi. Molti dei principali sospettati del massacro di Bologna, tra cui il fascista e risorsa confermata dell’MI6 Robert Fiore, sono fuggiti a Londra. La Gran Bretagna ha rifiutato di estradare lui e i suoi compagni, nonostante le loro condanne in contumacia per crimini violenti.
Il coinvolgimento dei servizi segreti britannici nell’operazione Gladio, solleva interrogativi sulle lezioni che l’MI6 applicherebbe alle attuali operazioni segrete nei teatri di conflitto. I veterani dell’esercito e dell’intelligence britannici hanno addestrato e sponsorizzato un esercito partigiano segreto del terrore nell’Ucraina orientale, per compiere atti di sabotaggio in Crimea e in altre aree a maggioranza russa. Il piano prevedeva l’addestramento di cellule di ucraini ideologicamente dediti a “sparare, muoversi, comunicare, sopravvivere”.
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