A cavallo tra il 1910 e il 1920 nella terra dove i sogni diventano realtà, gli Stati Uniti, nasce un settore dell’economia che per grandezza è paragonabile all’invenzione della ruota: il marketing pubblicitario. Questo nuovo approccio al commercio cambierà per sempre la vita di miliardi di persone e, via via, diventerà sempre più invasivo nella vita di ognuno di noi. Come ha influito questo sulla campagna vaccinale?
Ph. Dieter Noss house-museum, 2022 (Alice Rondelli)
A cavallo tra il 1910 e il 1920 nella terra dove i sogni diventano realtà, gli Stati Uniti, nasce un settore dell’economia che per grandezza è paragonabile all’invenzione della ruota: il marketing pubblicitario. Questo nuovo approccio al commercio cambierà per sempre la vita di miliardi di persone e, via via, diventerà sempre più invasivo nella vita di ognuno di noi. Tuttavia, non si trattava di nulla di nuovo: quello che era lo strillone che vendeva giornali per le strade venne semplicemente trasformato in una vera e propria macchina da combattimento a servizio dell’economia. Quella che è, a tutti gli effetti, una “scienza della propaganda” passa per le vie della creatività e della persuasione, e la storia ci ha insegnato quanto inarrestabili e pericolose possano essere le sue strategie. Una volta qualcuno disse: «L’amore è lo scherzo più vecchio del mondo eppure ci cascano ancora tutti»; questo accade perché il perno su cui ruota l’esistenza di tutti noi è il bisogno di certezze, la ricerca di conforto. Questa esigenza umana – e in quanto tale assolutamente comprensibile – però, nasconde un rischio importante: quello di sottovalutare quanto sia fondamentale allenare il proprio spirito critico, anche a costo di veder disattese le proprie speranze.
Quando a febbraio 2020 hanno cominciato a circolare le prime notizie sulla diffusione del SARS-CoV-2 la razionalità ha immediatamente lasciato il posto ad un onda emotiva che, da quel momento in poi, avrebbe spaccato a metà l’opinione pubblica, creando una frattura nel tessuto sociale di proporzioni allora inimmaginabili. Solamente oggi, a distanza di tre anni dai fatti che hanno sconvolto il mondo intero, è possibile condurre un’analisi lucida delle modalità che hanno portato a quella profonda spaccatura, che ancora adesso rimane una nota dolente nella storia dell’umanità. Al dì là delle banalizzazioni che troppo spesso hanno categorizzato il dibattito pubblico in merito alla gestione della pandemia e della campagna vaccinale da parte del governo italiano, ci sono alcune verità oggettive che non è più possibile ignorare. Nel saggio SARS-CoV-2: il fattore EpiGirl vengono analizzate numerosissime fonti ufficiali che fanno fortemente dubitare della bontà della narrativa statale, propinata ai cittadini come una verità assoluta sulla quale nessuno aveva il diritto di sollevare perplessità e porre domande legittime.
Il 4 ottobre 2020, prima ancora che venisse scoperto un vaccino in grado di contrastare l’infezione da Covid-19, Martin Kulldorff (professore di medicina all’Università di Harvard, biostatistico ed epidemiologo con esperienza nell’individuazione e nel monitoraggio delle epidemie e nella valutazione della sicurezza dei vaccini), Sunetra Gupta (professore all’Università di Oxford, epidemiologo con esperienza in immunologia, sviluppo di vaccini e modellazione matematica delle malattie infettive) e Jay Bhattacharya BATTACIARYA (professore alla Stanford University Medical School, medico, epidemiologo, economista sanitario ed esperto di politica sanitaria pubblica, con particolare attenzione alle malattie infettive e alle popolazioni vulnerabili) avevano redatto e sottoscritto la Great Barrington Declaration. All’interno di questo documento, i tre medici si dissero «molto preoccupati per gli effetti dannosi sulla salute fisica e mentale causati dalle politiche adottate dai governi in materia di Covid-19» e raccomandavano un approccio chiamato Focused Protection. Nel documento, inoltre, si specificava che le attuali politiche di blocco stavano producendo effetti devastanti sulla salute pubblica, a breve e a lungo periodo. I risultati (solo per citarne alcuni) includono: tassi di vaccinazione infantile più bassi, peggioramento degli esiti delle malattie cardiovascolari, meno screening per il cancro e deterioramento della salute mentale – con la conseguenza che questo porterà negli anni a venire a un aumento della mortalità, con la classe operaia e i membri più giovani della società che ne soffriranno il peso maggiore. Si aggiungeva, inoltre, che «con l’aumento dell’immunità nella popolazione, il rischio di infezione per tutti, compresi i più vulnerabili, diminuisce. Scrivono i medici: «Sappiamo che tutte le popolazioni alla fine raggiungeranno l’immunità di gregge – cioè il punto in cui il tasso di nuove infezioni diventerà stabile – e che questa immunità può essere aiutata (ma non dipende) da un vaccino. Il nostro obiettivo dovrebbe quindi essere quello di ridurre al minimo la mortalità e i danni sociali fino a raggiungere l’immunità di gregge». L’immunità di gregge consente un «approccio più umano, che bilancia i rischi e i benefici» e che permette a coloro che sono a minimo rischio di morte di vivere normalmente la loro vita per costruire l’immunità al virus attraverso l’infezione naturale, proteggendo al meglio coloro che sono a più alto rischio». La strategia della Focused Protection concerne, infatti, l’adozione di misure per proteggere le persone vulnerabili, fatto che avrebbe dovuto essere l’obiettivo centrale delle risposte di salute pubblica al Covid. A questa definizione seguirono una serie di suggerimenti concreti su come attuare questo tipo di risposta all’infezione, che nessun governo ha però preso minimamente in considerazione. Dunque, possiamo supporre che esistesse fin dal principio la possibilità di adottare un approccio alternativo alla vaccinazione di massa e ai ripetuti lockdown, ma che la popolazione ne fosse stata totalmente tenuta all’oscuro. Questo è il motivo principale per il quale, quando il vaccino è stato commercializzato, i cittadini lo hanno considerato l’unico modo – così come suggerito risolutamente e inequivocabilmente dai governi – per scongiurare la morte, la privazione della libertà individuale e una catastrofe economica di proporzioni inimmaginabili.
Successivamente alla scoperta del vaccino, molti studi sottoposti a revisione paritaria (ovvero, a una valutazione critica che una pubblicazione riceve da parte di specialisti aventi competenze analoghe a quelle di chi ha prodotto l’opera) hanno sollevato dubbi sull’effettiva efficacia dei sieri nell’impedire la trasmissione della malattia; ma quegli studi sono stati completamente ignorati dal governo italiano, che ha continuato a portare avanti la campagna vaccinale. Lo stesso è capitato quando altre validissime ricerche hanno dimostrato la potenziale pericolosità della tecnologia mRNA per la salute, nonché quelle che dimostravano le gravi pecche relative alla sicurezza dei siti nei quali era stata svolta la sperimentazione. Allo stesso tempo, il malcontento per le decisioni di Draghi in materia di contenimento della pandemia, conseguì nel 2021 in numerose proteste nelle maggiori piazze italiane. Nell’ottobre di quell’anno, infatti, cinquemila portuali avevano manifestato contro l’obbligo di green pass sul post di lavoro. In seguito Stefano Puzzer, che era a capo del sindacato autonomo che aveva organizzato la mobilitazione, venne licenziato per giusta causa dall’Agenzia per il lavoro portuale di Trieste perché, per protesta, si era rifiutato di riprendere a lavorare seppur guarito dal Covid e dunque in possesso di green pass. Conseguentemente, nel novembre 2021 il ministro Lamorgese diramò una Direttiva per lo svolgimento di manifestazioni di protesta contro le misure sanitarie, che stabiliva restrizioni per cortei e sit-in. Pur apparendo ad alcuni come un chiaro tentativo di contenere il dissenso popolare, la ragione ufficiale di quella decisione fu che in occasione di tali manifestazioni, si riscontrava frequentemente un significativo livello di inosservanza delle disposizioni di prevenzione del contagio, concernenti il divieto di assembramenti, il rispetto del distanziamento fisico e l’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie, con potenziale pericolo di incremento dei contagi e, dunque, per la salute dei cittadini.
Va pur detto, in tal proposito, che le varie manifestazioni per la pace, seguite all’occupazione Russa di alcuni territori dell’Ucraina (cominciata il 24 febbraio 2022) e alle quali avevano partecipato decine di migliaia di persone in tutta Italia, si svolsero nel totale sprezzo delle norme di contenimento della pandemia – che erano ancora in vigore – senza che il governo e le forze di polizia agissero per ristabilire l’ordine. In compenso, quando nella notte del 27 gennaio 2022 il gruppo ‘Studenti No green pass’ occupò l’Aula Magna del rettorato dell’Università di Torino, la Digos e i Carabinieri intervennero per impedire l’accesso al rettorato e, durante un blitz all’alba, sgomberarono tutto l’edificio. Questo evento fece temere che potessero verificarsi nuovamente i terribili fatti accaduti nel 2001 alla scuola Diaz, al termine delle tre giornate del vertice G8 di Genova, quando 93 persone inermi vennero massacrate di botte dalle forze di polizia intervenute sul posto. Insomma, nel silenzio generale dei mass media italiani, venne meno la storica certezza degli studenti di poter esprimere liberamente il proprio dissenso, deprivati com’erano dall’egida degli atenei.
La profusione della massiccia campagna di marketing per far accettare il vaccino ai cittadini italiani ha esacerbato l’odio tra i sostenitori della narrativa statale e coloro che venivano considerati come i suoi detrattori. Tutto quel marasma è stato funzionale a far sprofondare nel baratro le evidenze scientifiche che mano a mano venivano alla luce. Nell’aprile 2021, il New York Times rivelò uno scambio di sms privati tra Ursula von der Leyen (presidente della Commissione europea) e Albert Bourla (CEO di Pfizer) durante il negoziato che ha portato l’Ue all’acquiso di 1,8 miliardi di dosi di vaccini per il Covid. In seguito, gli eurodeputati hanno chiesto a von der Leyen e Bourla di comparire in audizione, ma entrambi si sono rifiutati e nel febbraio 2023 il New York Times ha deciso di portare la Commissione europea in tribunale, per non aver reso pubblico lo scambio di messaggi tra la Presidente von der Leyen e il CEO di Pfizer .
Insomma ancora una volta le persone hanno preferito affidarsi alle scintillanti promesse del marketing, anziché affidarsi al proprio giudizio critico e approfondire le numerose e controverse questioni riguardanti la gestione pandemica a livello nazionale e sovrannazionale. Sì sa, la speranza vende bene e i pubblicitari lo sanno. Poco importa se, a ben vedere, la parola “marketing” ricorda molto il termine “marchetta”: ormai non vediamo neanche più la differenza tra il prodotto e il produttore.
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