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Immagine del redattore: Alice RondelliAlice Rondelli
Un proverbio cinese dice: «Quando il saggio indica la Luna, lo stolto guarda il dito». Mentre i commentatori social si concentrano su quella diabolica palla infuocata che si sta rivelando la seconda presidenza Trump, è invece d’obbligo gettare uno sguardo alla grande Luna asiatica che si muove in campo internazionale e che è in grado di controllare le maree e di cambiare il futuro ordine economico mondiale.
ph. Ho Chi Minh City 2018 (Alice Rondelli)

 

Un proverbio cinese dice: «Quando il saggio indica la Luna, lo stolto guarda il dito».


Non stupisce che questa massima venga dalla Cina, Paese dalla millenaria e straordinaria cultura che Terzano Terzani amava in modo particolare, luogo in cui lo scrittore e giornalista ha vissuto una parte significativa della sua vita e per il quale ha versato molto inchiostro.

 

Sì, perché mentre i commentatori social (anche degni di grande rispetto) si concentrano su quella diabolica palla infuocata che si sta rivelando la seconda presidenza Trump, è invece d’obbligo gettare uno sguardo alla grande Luna asiatica che si muove in campo internazionale e che è in grado di controllare le maree e di cambiare il futuro ordine economico internazionale, considerando che sarà proprio questo aspetto a modificare l’assetto geopolitico mondiale.

 

I Paesi che compongono i BRICS hanno dato vita ad un’organizzazione intergovernativa di economie emergenti che mira ad aumentare l’influenza nell’ordine globale. Istituiti nel 2009, i BRICS sono stati fondati da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica sulla premessa che le istituzioni internazionali siano eccessivamente dominate dalle potenze occidentali (ci si riferisce, nello specifico, al Fondo Monetario Internazionale (FMI) e alla Banca Mondiale), che hanno cessato di servire i Paesi in via di sviluppo. Il blocco ha lo scopo di coordinare le politiche economiche e diplomatiche dei suoi membri, fondando nuove istituzioni finanziarie e riducendo la dipendenza dal dollaro statunitense.

 

Si scrive su Encyclopædia Britannica: «L’acronimo BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) è stato utilizzato per la prima volta dall’economista della Goldman Sachs Jim O’Neill per descrivere le quattro economie che potrebbero, se la crescita fosse mantenuta, dominare l’economia globale entro il 2050. I rappresentanti dei Paesi BRIC hanno iniziato a incontrarsi informalmente durante la riunione del 2006 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. 

Al loro primo summit nel 2009, essi hanno affermato il loro impegno per un ordine mondiale multipolare e un non interventismo globale e hanno chiesto una nuova valuta di riserva globale come alternativa al dollaro statunitense. Nel 2011 il Sudafrica si è unito all’organizzazione e l’acronimo del gruppo è cambiato in BRICS. Ciò rifletteva il suo focus lontano da una designazione economica specifica verso un raggruppamento più inclusivo di leader regionali emergenti».

«Non esiste un processo di candidatura formale per entrare a far parte dei BRICS, ma i nuovi membri devono essere approvati all’unanimità da quelli esistenti. Al vertice dei BRICS del 2023 in Sud Africa è stata annunciata l’ammissione di Arabia Saudita, Iran, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Etiopia e Argentina come nuovi stati membri. Subito dopo essere diventato presidente dell’Argentina, Javier Milei ha annunciato che il suo Paese non avrebbe aderito all’organizzazione, mentre gli altri paesi sono diventati membri nel 2024. L’Arabia Saudita non ha formalmente aderito ai BRICS. L’Indonesia è entrata a far parte del blocco come membro a pieno titolo il 6 gennaio 2025.

Il nome informale BRICS+ è talvolta utilizzato per riconoscere l’espansione dell’organizzazione.»


La Cina, la Luna, è il membro dei BRICS+ che possiede l’economia più forte, con un target di crescita del PIL 2024 che ha raggiunto il prefissato 5%, toccando i 134,908 miliardi di yuan e con i ricavi delle imprese statali cinesi (SOE) aumentati dell’1,3% rispetto all’anno precedente. Nel 2024 le SOE hanno incassato 11,77 trilioni di dollari USA di ricavi operativi.

 

Come ho approfondito nel mio pezzo intitolato Cintura e Bretelle, a metà ottobre 2023 la Cina ha celebrato il decimo anniversario della sua Belt and Road Initiative (BRI), che Xi Jinping (Presidente della Repubblica Popolare Cinese dal novembre 2012) ha definito come un «nuovo modello di cooperazione vantaggioso per tutti», specificando che «La Cina è disposta a condividere la sua esperienza di sviluppo con il resto del mondo, senza interferire negli affari interni di altre nazioni, senza esportare il sistema sociale e il modello di sviluppo cinese e senza costringe gli altri ad accettarli». Si può dire che queste parole siano un chiaro riferimento al modus operandi statunitense.

 

La Belt and Road Initiative è il più grande programma infrastrutturale del mondo e, secondo il Council on foreign relations (think tank statunitense specializzato in politica estera e affari internazionali) rappresenta una sfida significativa per gli interessi economici, politici, climatici, di sicurezza e sanitari globali degli Stati Uniti.

Dal lancio della BRI nel 2013, le banche e le aziende cinesi hanno finanziato e costruito di tutto – dalle infrastrutture di telecomunicazioni alle città intelligenti – in tutto il mondo.

Ad oggi l’iniziativa ha superato i corridoi originali delineati da Xi ed è diventata un’impresa globale che comprende 139 Paesi, con l’aggiunta dell’America Latina come «estensione naturale del 21° secolo».

La Cina ha aggiunto la Digital Silk Road (DSR), la Health Silk Road (HSR) e la Green Belt and Road, che non hanno confini geografici.

 

Secondo l’Istituto per gli studi di politica internazionale il processo di internazionalizzazione delle aziende tecnologiche cinesi avviato con la Digital Silk Road si può dividere in tre fasi.

«La prima ha le sue radici in Africa, all’inizio degli anni 2000, quando capitali e aziende occidentali abbandonano il “continente senza speranza” e la Cina diventa il principale investitore estero diretto. Huawei e ZTE partecipano alla realizzazione di infrastrutture digitali, da backbone (fibra ottica) a soluzioni last-mile (ultima fase del processo di consegna di una merce), costruzione e gestione di reti mobili e sviluppo di hardware e software. Queste iniziative vengono supportate dal governo cinese tramite crediti all’esportazione e prestiti preferenziali.

Nella decade successiva inizia la seconda fase di espansione nel settore dei beni di consumo, dove Huawei e altre aziende come Transsion, molto popolari in Africa e Asia, diventano dominanti nel segmento medio-basso dei telefonini e tablet e il vero motore dietro alla riduzione del divario digitale mondiale.

La terza fase ha inizio più o meno a metà degli anni 2010, quando TikTok diventa la prima piattaforma cinese a fare seria concorrenza ai giganti americani e le aziende di e-commerce si espandono a ritmi vertiginosi in tutto il mondo, in particolare nel Sud-Est asiatico, tramite acquisizioni, investimenti e filiali locali. L’espansione verso l’estero delle aziende tech cinesi (ma anche del venture capital) è dovuta alla loro considerevole disponibilità di liquidità per investimenti ed alla saturazione del mercato interno, caratterizzato da una forte competizione. Il Sud-Est asiatico e più in generale l’Asia sono mercati particolarmente ambiti, viste l’alta penetrazione di Internet, la popolazione giovane e le economie locali dinamiche.»

 

Mentre pare che i giganti statunitensi continuino a mantenere posizioni oligopolistiche nei servizi di back-end (software che gestiscono le applicazioni, i sistemi operativi mobili, la pubblicità online e il cloud computing, che riguarda le risorse di archiviazione e di analisi), la Cina, con un colpo di coda sconvolgente, nel gennaio 2025 ha lanciato a sorpresa DeepSeek un’intelligenza artificiale large-language model open-source che ha colto di sorpresa il mondo intero.

L’evento ha eroso i presunti vantaggi della Silicon Valley rispetto ai concorrenti globali sullo sviluppo delle AI, contraddicendo i precedenti studi secondo cui la Cina fosse in ritardo di sei mesi rispetto agli Stati Uniti in questo campo.

Se vi interessa approfondire la nascita, lo sviluppo e il funzionamento delle Intelligenze Artificiali, vi suggerisco la lettura del mio pezzo intitolato Allevamenti intensivi di AI. Il focus della questione, ciò che deve interessare al fruitore come al cittadino comune, è il come avviene l’accumulo dei dati che servono per fare training a questa nuova tecnologia.

Quando si tratta di sviluppo digitale il Paese del Sol Levante ha sempre l’accortezza di non far trapelare troppe informazioni, lasciando agli avversari economici il dubbio circa il volume degli investimenti e il loro effettivo progredire. La stessa cosa, come potete immaginare, vale per la Belt and Road Initiative, la Digital Silk Road (DSR), la Health Silk Road (HSR) e la Green Belt and Road, che vengono sistematicamente sminuite nella loro portata e nel loro potenziale impatto sull’economia globale dagli analisti di tutto il mondo.

Peccato che, come amo spesso dire, seppure la realtà possa essere ignorata, o celata, essa non cessa di esistere. La Cina è davvero – nonostante gli innumerevoli sforzi della propaganda occidentale di ridimensionarne l’impatto globale – una grande Luna piena capace di spostare la marea dell’economia a suo piacimento, soprattutto in virtù degli ingenti investimenti economici profusi dal governo alle aziende negli ultimi decenni. Non è da sottovalutare il fatto che sia proprio la Cina il secondo maggior detentore straniero di titoli del Tesoro USA, con asset per circa 1.000 miliardi di dollari.

 

Non stupisce che la Russia sia costantemente nel mirino statunitense. Alleata naturale della Cina, per via della loro vicinanza territoriale e non solo (anche nel contesto mediorientale) la Russia ha rafforzato l’alleanza sul fronte economico nell’ottobre 2015, quando la cinese Harbin Bank (una banca commerciale cittadina) e la russa Sberbank (la più grande cassa di risparmio in Russia per asset) hanno avviato la Sino-Russian Financial Alliance come organizzazione di cooperazione finanziaria transfrontaliera senza scopo di lucro. L’obiettivo principale era quello di stabilire un meccanismo efficiente per sostenere il commercio sino-russo, facilitare una cooperazione finanziaria bilaterale globale e promuovere l’uso delle valute locali negli accordi bilaterali.

Questo è il motivo delle sanzioni statunitensi alla Russia, applicate con la scusa della guerra in Ucraina.  E seppure nel 2022 le banche cinesi di importanza sistematica (come la Bank of China e la Industrial and Commercial Bank of China) abbiano cessato di elaborare transazioni con entità russe in seguito all’annuncio di sanzioni da parte del governo americano contro le banche russe, le banche di piccole e medie dimensioni dell’Alleanza finanziaria sino-russa hanno continuato ad aiutare le entità russe ad eludere le sanzioni, utilizzando infrastrutture di pagamento e regolamento alternative, come il sistema di pagamento interbancario transfrontaliero CIPS e i contanti.

Nello stesso anno, infatti, il presidente cinese Xi Jinping ha proposto di rafforzare lo sviluppo dei sistemi di pagamento transfrontalieri in valuta locale, promuovendo la creazione di una SCO Development Bank, alludendo al desiderio di ampliare sistemi alternativi per proteggersi dal rischio del dominio del dollaro.

 

Il caposaldo delle relazioni tra Russia e Cina, che stanno rivolgendo la propria crescente attenzione alle criptovalute, è la richiesta della sostituzione del dollaro statunitense come valuta internazionale.

Il BRICS+ diventerà lo strumento politico a servizio delle mire economiche cinesi, che puntano ad annientare definitivamente la supremazia Statunitense creando un nuovo assetto mondiale.

 

Vi starete chiedendo se questo pezzo miri a dimostrare che sia cosa buona e giusta porre fine allo strapotere americano, che con Trump e i suoi recenti provvedimenti esecutivi in svariati campi sta mostrando il suo volto più oscuro, soprattutto per quanto riguarda la questione Palestinese.

Ebbene, la risposta è una sola: come disse Fabrizio De André «non esistono poteri buoni» e, per quanto mi riguarda, qualunque organizzazione politica o sociale che si basi sul capitalismo è destinata a diventare un mostro che tutto inghiotte e distrugge. Tuttavia, è innegabile che se da un lato non abbiamo più alcun dubbio su quale sia il vero volto della più pericolosa istituzione governativa del mondo, ovvero il governo americano, dall’altra non possiamo dire di sapere quali risvolti attenderci.

Una sola cosa è certa: ormai non si tratta più di tagliare la testa ad un sovrano – è evidente che siamo braccati da ogni parte da innumerevoli Medusa dai mille tentacoli – ma di distrugge lo scettro del potere. Il consumatore, il fruitore e non il cittadino con diritto di voto sono gli unici a poter spezzare le maglie del capitalismo che ci imprigionano da troppo tempo, che ci crediate oppure no.

 

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© (F)ATTUALE rivista | podcast by Alice Rondelli (2023)

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